L’Arcadia in Brenta, Milano, Ghislandi, 1758 (Novara)

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Tutti
 
 CONTE
550Dai lacci neghittosi del silenzio
 scattenando la lingua,
 qual monarca di dive e semidei,
 do glorioso principio a’ cenni miei.
 FABRIZIO
 Signor principe caro,
555il povero Fabrizio
 li manda un memoriale a cui lo prega
 comandar ai pastor che per servizio
 lascian qualche ninfa anche a Fabrizio.
 CONTE
 Giuste le preci son ma non è giusto
560delle ninfe arbitrar. Quella sia vostra
 che inclinata e procliva a voi si mostra.
 FABRIZIO
 Tutte vorranno me.
 ROSANA
                                      Sarei contenta
 se del signor Fabrizio
 foss’io la ninfa eletta
565ma non vuo’ disgustar la mia Lauretta.
 LAURA
 Eh no no, già che vedo
 che a voi piace quel viso, io ve lo cedo.
 FABRIZIO
 E fra i due litiganti il terzo goda.
 Io sarò di madama,
570se mi vuol, se mi brama.
 LINDORA
 Vi domando perdono,
 non mi vuo’ scomodar di dove sono.
 FABRIZIO
 Dunque dovrò star senza.
 GIACINTO
 Voi dovete soffrire.
 FORESTO
                                      E aver pazienza.
 FABRIZIO
575Maledetti, mi mangiano le coste
 e penar mi conviene.
 CONTE
 Dall’arcadico trono,
 a cui per vostro dono io sono alzato,
 due comandi vi do tutti in un fiato;
580primo: ciascuna ninfa
 scelga il pastor, di tutti alla presenza,
 ma non vuo’ che Fabrizio resti senza.
 Secondo: quel pastor che sarà eletto
 con qualche regaletto
585riconosca la ninfa.
 E lei, come il dovere,
 del regallo disponga a suo piacere.
 FABRIZIO
 Bravo, vi lodo.
 ROSANA
 D’un tal comando io godo.
590Potrò senza riguardi
 il mio genio svellar.
 GIACINTO
                                       Già mia voi siete!
 ROSANA
 Deh lasciate ch’io finga e non temete.
 FABRIZIO
 Lasciatela parlar.
 ROSANA
                                  Se mi concede
 il sospirato onore,
595sarà il signor Fabrizio il mio pastore.
 FABRIZIO
 E viva, ah che ne dite?
 O che gioia, o che diletto,
 per la mia pastorella oggi v’accetto.
 LAURA
 Piano, piano di grazia, padron mio,
600che ci pretendo anch’io.
 Or che non v’è riparo,
 la maschera mi levo e parlo chiaro.
 V’ho scelto nel mio cuore
 di già per mio pastore
605e se voi non mi volete
 impazzir e crepar voi mi vedrete.
 FORESTO
 (So che finge). Ma come sia Rosana...
 ROSANA
 Io Fabrizio pretendo.
 LAURA
 Di cedere Fabrizio io non intendo.
 FABRIZIO
610Signor principe, questo è un brutto imbroglio.
 CONTE
 Dall’arcadico soglio
 così decido e voglio:
 per consolar delle due ninfe il core,
 abbian due pastorelle un sol pastore.
 FABRIZIO
615E viva, bravo per mia fé.
 LINDORA
 Dunque, signor Fabrizio,
 s’ella dice da vero e non ischerza,
 io fra le ninfe sue sarò la terza.
 FABRIZIO
 Venga la quarta ancor, mi fa servizio,
620non mi perdo per folle, io son Fabrizio.
 Levatevi di qua,
 luogo per voi non c’è,
 una volta per uno, tocca a me.
 CONTE
 Olà, suddito nostro,
625fermatevi per ora.
 Non è finito ancora.
 Se voi pastor delle tre ninfe siete,
 regalar le tre ninfe ora dovete.
 FABRIZIO
 Oimè, sono imbrogliato,
630questo favor mi costarà salato.
 GIACINTO
 Su via, fatevi onore.
 FORESTO
 Via, portatevi ben, signor pastore.
 FABRIZIO
 A voi, Rosanna bella,
 mia cara pastorella,
635perché mi brilla in sen il cor contento,
 questo picciol brillante io vi presento.
 ROSANA
 È molto spiritoso, molto bello,
 brilla come che a voi brilla il cervello.
 FABRIZIO
 Grazie a lei, ah, Lauretta,
640graziosa, vezzosetta,
 per cui ognor tormentato sono,
 questo orologio d’or presento in dono.
 LAURA
 Il vostro dono accetto
 e contemplar prometto
645in lui la vostra amabile figura,
 perché voi siete tondo di natura.
 FABRIZIO
 Obbligato. A madama,
 perché si guardi dalla stranutiglia,
 le do una tabacchiera di Siviglia.
 LINDORA
650Ed io, che v’amo tanto, bramerei
 che in questa tabacchiera,
 per poterne goder a tutte l’ore,
 fosse polverizzato il vostro core.
 FABRIZIO
 Che bontà! Che finezze!
 CONTE
                                              Or di quei doni
655ne disponga ciascuna a suo talento
 e faccia al donator un complimento.
 ROSANA
 Io pongo quest’anello
 nelle man di Giacinto
 e dico al donatore
660ch’io lo delusi e questo è il mio pastore.
 FABRIZIO
 Come!
 LAURA
                Quest’orologio
 a Foresto consegno
 e al donatore io dico
 che già di lui non me n’importa un fico.
 FABRIZIO
665Che! Che!
 LINDORA
                      La tabacchiera
 al principe presento e mio pastore,
 perché quel tabaccaccio mi fa male
 e chi me l’ha donato è un animale.
 CONTE
 Viva il signor Fabrizio.
 FORESTO
670Si rallegriam con lei.
 FABRIZIO
 Che siate maledetti tutti sei.
 
    Corpo del diavolo,
 parmi un po’ troppo.
 Che! Sono un cavolo?
675Son gentiluomo
 del mio paese,
 io fo le spese,
 io son padrone.
 Che impertinenza!
680Che prepotenza!
 Come? Che dite?
 Eh padron mio,
 basta così.
 
    La vuo’ finire,
685me ne vogl’ire,
 signore ninfe,
 gnori pastori,
 bon viaggio a loro.
 Che? Non gli piace?
690Se n’andaranno,
 signori sì.
 
 SCENA II
 
 Tutti, fuorché Fabrizio
 
 FORESTO
 Signori, con licenza,
 vuo’ seguitar Fabrizio. Egli è arrabbiato,
 vuo’ veder di placarlo e a dirla schietta
695tutto il torto non ha. Ma questo è il frutto
 di chi vuol far di più del proprio stato,
 spende, soffre, non gode ed è burlato.
 LINDORA
 Io rido quando vedo
 certi pazzi che fan gl’innamorati
700e credon col contante
 render la donna amante,
 quando il genio non v’è, non fanno niente.
 Si lascian nell’inganno
 e se si voglian rovinar suo danno.
 LAURA
705In quanto a questo poi,
 non dico come voi,
 non dono e non accetto
 e per non ingannar nulla prometto.
 LINDORA
 Parliam d’altro di grazia.
 CONTE
                                                Deh madama,
710andiam per questi deliziosi colli,
 co’ vostri bei colori
 la vil bellezza a svergognar de’ fiori.
 ROSANA
 Che parlar caricato.
 GIACINTO
 E pur così affettato
715vi dovrebbe piacer.
 ROSANA
                                      Per qual ragione?
 GIACINTO
 Piace alle donne assai l’adulazione.
 CONTE
 Concedete ch’io possa
 regger col braccio mio...
 LAURA
 Eh, signor conte mio,
720lei parte con madama,
 Rosana se n’andrà col suo Giacinto
 ed io resterò sola,
 lei di cavalleria non sa la scuola.
 CONTE
 Ha ragione,
725io sono un mentecato, io sono un bue.
 Servirò, se ’l permette, a tutti due.
 LAURA
 Sì, madama l’accorda?
 LINDORA
                                            Io nol contendo.
 LAURA
 Io son contenta e le sue grazie attendo.
 CONTE
 Eccomi, favorisca, faccia grazia.
730Su l’umil braccio mio poggi la mano.
 LINDORA
 Caminate più presto.
 LAURA
                                          Andate piano.
 GIACINTO
 Son godibili assai.
 ROSANA
 Più grazioso piacer non vidi mai.
 LINDORA
 Mo via, non vi movete?
 CONTE
                                             Eccomi lesto.
 LAURA
735Non andate sì presto,
 di già voi mi stroppiate.
 LINDORA
 Con questo andar sì pian, voi m’ammazzate.
 GIACINTO
 O belli.
 ROSANA
                 O cari.
 CONTE
                                Io sono
 nel terribile impegno. Via, Lauretta,
740un tantin più presto.
 E voi, cara madama, un tantin piano.
 LINDORA
 Più piano di così mi vien la morte.
 LAURA
 Vi dico ch’io non posso andar sì forte!
 CONTE
 
    Questa forte e quella piano,
745l’una tira e l’altra mola,
 non so più cosa mi far.
 Favoriscano la mano,
 anderò come potrò.
 
    Forti, saldi.
750Vada pur ciascuna sola,
 io gli sono servitor.
 
 SCENA III
 
 ROSANA, GIACINTO, LINDORA, LAURETTA
 
 GIACINTO
 Ah ah, che bella cosa!
 ROSANA
 (Cosa invero piacevole e gustosa!)
 LAURA
 Madama, andate pian quanto volete.
755Per non venir in vostra compagnia,
 vi faccio riverenza e vado via.
 LINDORA
 Oibò? Correr sì forte
 non convien per certo ad una dama.
 Affettar noi dobbiam, per separarci
760dalla gente ordinaria,
 una delicatezza estraordinaria.
 
 SCENA IV
 
 ROSANA e GIACINTO
 
 ROSANA
 Bei caratteri al certo.
 GIACINTO
                                         Anzi bellissimi.
 Io, che stolto non son, scelta ho per ninfa
 donna di senno e di beltà.
 ROSANA
                                                  Di grazia,
765non seguite anche voi quel vil costume
 di adular per piacere.
 GIACINTO
                                          Ah nol temete!
 Io vi stimo assai più che non credete.
 ROSANA
 Per or godo l’onore
 che siate mio pastore;
770ma terminata poi l’Arcadia nostra,
 pastorella non son, non son più vostra.
 GIACINTO
 Chi sa, se non sdegnate
 di chi v’adora il core,
 io per sempre sarò vostro pastore.
 ROSANA
775Felicissima Arcadia allor direi,
 se tutti i giorni miei
 lieta passar potessi al colle, al prato,
 col mio pastor, col mio Giacinto allato.
 
    Dirti, o dio, bell’idol mio,
780no non posso e tu lo vedi.
 Ah, rifletti ed a me credi
 che sul labbro parla il cor.
 
 SCENA V
 
 GIACINTO solo
 
 GIACINTO
 Purtroppo è ver che s’introduce il foco
 d’amor ne’ nostri petti a poco a poco.
785Rassembra un dolce ardore
 quando comincia a riscaldarci il core
 ma sì fiera s’accende
 e sì ratta s’estende
 quest’amorosa inestinguibil vampa
790che in un incendio il cor poscia divampa.
 
    Nel mio periglio estremo
 l’alma nel sen mi palpita,
 penso al mio stato e tremo,
 veggo la bella e m’agita
795il cor che m’arde in seno
 l’eccesso dell’amor.
 
 SCENA VI
 
 Camera.
 
 FABRIZIO e FORESTO
 
 FABRIZIO
 Non vuo’ sentire.
 FORESTO
                                  Eh via. Signor Fabrizio,
 siete un uom di giudizio,
 siete un uomo civile,
800non fate che vi domini la bile.
 FABRIZIO
 Che bile? M’andate
 bilando, strabilando!
 Ve ne dovete andar qualor vi mando.
 FORESTO
 Finalmente fu scherzo.
 FABRIZIO
805Sì, fu scherzo ma intanto
 l’orologio, la scatola e l’anello
 non si vedono più.
 FORESTO
                                     Siete in errore,
 eccovi l’orologio,
 la scatola e l’anello.
810Ciò ch’ha di vostro ognun di noi vi rende
 né d’usurpar il vostro alcun pretende. (Gli dà l’orologio, la scatola e l’anello)
 FABRIZIO
 Eh non dico, non dico ma vedermi
 strapazzato e deriso...
 FORESTO
 Lo fan sul vostro viso
815per prendersi piacer ma dietro poi
 le vostre spalle ognun vi reca lode
 e del vostro buon cuor favella e gode.
 FABRIZIO
 Son bon amico e faccio
 quel che posso.
 FORESTO
                               A proposito,
820che facciam questa sera?
 La carozza è venduta,
 sono andati i cavalli
 e da cena non v’è.
 FABRIZIO
                                   Come? In un giorno
 tanti bei ducatoni sono andati?
 FORESTO
825I debiti si sono pagati.
 FABRIZIO
 Io non so che mi far.
 FORESTO
 Sotrarvi non potete.
 FABRIZIO
 Consigliatemi voi, se lo sapete.
 FORESTO
 L’orologio e l’annello
830si potrian impegnar.
 FABRIZIO
                                         Sì, dite bene.
 FORESTO
 Ma non so se denaro
 si troverà abbastanza.
 FABRIZIO
                                           Ecco, prendete
 questa scatola ancora.
 Altro più non mi resta,
835Foresto caro, a terminar la festa.
 FORESTO
 Siete un grand’uom! Peccato
 non abbiate il tesor maggior del mondo
 (che presto noi li vedressimo il fondo).
 Vado a ritrovar il denaro
840e tosto a voi ritorno.
 Un certo non so che si va ideando,
 qualor torno saprete il come e il quando.
 
 SCENA VII
 
 FABRIZIO e LINDORA
 
 FABRIZIO
 Tutto va ben. Lo so che mi rovino.
 Ma non importa. Almen anch’io godessi
845da coteste mie ninfe traditore
 un qualche segno di pietoso amore.
 LINDORA
 Signor Fabrizio.
 FABRIZIO
                                 (Questa, a dir il vero,
 mi par troppo suffistica).
 LINDORA
                                                 Non sente?
 Signor Fabrizio.
 FABRIZIO
                                 Io non ricuserei
850di fare un poco il cicisbeo con lei.
 LINDORA
 Signor Fa... bri... zio.
 FABRIZIO
                                         O cielo, mi perdoni,
 non l’avevo sentito.
 LINDORA
 Ho gridato sì forte che la gola
 mi si è tutta infiammata.
855Quasi in petto una vena m’è crepata.
 FABRIZIO
 Cancaro. Se ne guardi!
 LINDORA
 Sederei volontieri
 ma questa sedia è dura indiavolata,
 sul morbido seder son avvezzata.
 FABRIZIO
860Ehi dico, ehi recca tosto
 una sedia miglior.
 LINDORA
                                    Molto obligata.
 FABRIZIO
 Sieda qui, starà meglio.
 LINDORA
                                              Oibò, è sì dura
 cotesta imbuttidura
 ch’io non posso sperar di starvi bene.
 FABRIZIO
865Rimediarvi convien.
 Porta la mia poltrona.
 LINDORA
 Compatisca, o signor.
 FABRIZIO
 Eccola, è padrona.
 Se ne servi.
 LINDORA
                         O peggio, peggio.
870No no, non me ne curo,
 il guancial di vachetta è troppo duro.
 FABRIZIO
 Eh corpo d’un giudio.
 Ora la servo io.
 LINDORA
                               Portate via
 la sedia ed il guanciale,
875che l’odor di vachetta mi fa male.
 FABRIZIO
 Eccole un mattarazzo,
 di più non posso far.
 LINDORA
                                        Quest’è un strapazzo,
 lo conosco, lo so, ah non credevo
 dover soffrir cotanto.
880Io creppo dalle risa e fingo il pianto.
 
    Voglio andar... Non vo’ più star,
 più beffata esser non vo’;
 signorsì, me n’anderò.
 Sono tanto tenerina
885che ogni cosa mi scompone,
 voi siete la cagione
 che mi fate lacrimar.
 
 SCENA VIII
 
 FABRIZIO e poi FORESTO
 
 FABRIZIO
 Si contenga chi può. Corpo del diavolo,
 non ne potevo più.
 FORESTO
                                     Signor Fabrizio,
890il principe d’Arcadia ha comandato
 che dobbiam recitare all’improvviso
 stasera una comedia.
 FABRIZIO
                                         Io non ne so.
 FORESTO
 Non temete che vi concerterò.
 Io sono destinato
895da far da innamorato,
 da innamorata dovrà far madama,
 Lauretta la serva; il nostro conte
 farà da servitore
 e voi dovrete far da genitore.
 FABRIZIO
900Farò quel che potrò.
 Mi dispiace il parlar all’improviso.
 Se fosse una comedia almen studiata,
 si potrebbe salvar il recitante,
 dicendo che il poeta è un ignorante!
 
 SCENA IX
 
 FORESTO solo
 
 FORESTO
905Certo, non dice mal, sogliono tutti
 gettar la colpa su la schiena altrui.
 Se un’opera va mal, dice il poeta:
 «La mia composizion è buona e bella;
 quel ch’ha falato è il mastro di capella».
910E questo d’aver fatto
 gran musica si vanta
 e che il diffetto vien da chi la canta.
 Infine l’impresario,
 senza saper qual siasi la cagione,
915se ne va dolcemente in perdizione.
 
    Perché riesca bene un’opera,
 quante cose che ci vogliono.
 Libro buono e buona musica,
 buone voci e donne giovani,
920balli e suoni, scene e machine.
 E poi basta... Signor no.
 Che vi vuole... Io non lo so.
 Ma nol sa né men chi critica,
 benché ognun vuol criticar.
 
 SCENA X
 
 FORESTO col nome di Cintio ed il CONTE da Pulicinella, LAURETTA da Colombina, LINDORA col nome di Diana e FABRIZIO da Pantalone
 
 FORESTO
925Seguimi, Pulcinella.
 CONTE
                                       Eccome cà.
 FORESTO
 Siccome un’alta nube
 s’oppone al sole e l’ampia terra oscura,
 così da quelle mura
 coperto il mio bel sol cui l’altro cede,
930l’occhio mio più non vede, ond’è che afflitto
 i novi raggi del mio sole attendo.
 CONTE
 Tu me parla tedesca, io non t’intendo.
 FORESTO
 Fedelissimo servo,
 batti tu a quella porta.
 CONTE
935A quale porta?
 FORESTO
                              A quella.
 CONTE
                                                 Io non la vedo.
 FORESTO
 Finger dei che vi sia.
 Invece della porta,
 in un quadro si batte o in una sedia,
 come i comici fanno alla comedia.
 CONTE
940Aggio caputo ma fame na grazia!
 Perché da tozzolare aggio alla porta?
 FORESTO
 Acciò che la mia bella
 venga meco a parlar.
 CONTE
                                         Cà su la strada?
 FORESTO
 È ver, non istà bene
945che facciano l’amor sopra la strada
 civili onesti amanti
 ma ciò sogliono usar i commedianti.
 CONTE
 Sì sì, tozollerò ma se qualcuno,
 quando ho battuto io, battesse me?
 FORESTO
950Lascia far, non importa, io son per te.
 CONTE
 O de casa.
 LAURA
                      Chi batte?
 CONTE
                                            Songo io.
 LAURA
 Serva sua, signor mio.
 CONTE
 Padron, chisa è per me.
 FORESTO
                                              Chi siete voi,
 quella giovine bella?
 LAURA
955Io sono Colombina Menarella.
 FORESTO
 Di Diana cameriera?
 LAURA
 Per servir a vusustrissima.
 CONTE
 Obregato, obregato.
 FORESTO
                                       Deh vi priego,
 chiamatela di grazia.
 LAURA
                                         Ora la servo.
 FABRIZIO
960Colombina.
 LAURA
                         Oimè questo è il padrone.
 CONTE
 Managgia Pantalone.
 FORESTO
 Ritiriamoci tosto.
 CONTE
 Possa esser Pantalone fatto arrosto.
 FABRIZIO
 Cosa se, Colombina,
965cosa se, fantolina,
 cosa fasto in strada?
 LAURA
                                        Ero venuta
 per il spazzacamino.
 FABRIZIO
 Se ti ha qualche cammin da governar,
 se ben che mi son veggio
970e non posso andar,
 co se tratta de ti, sì l’averia,
 coccoletta, chiamado mi.
 LAURA
 Caro signor padrone,
 mi fate vergognare.
 FABRIZIO
975Caro quel caro viso bello,
 per te, viscere mie, perdo il cervello.
 
    Per te, mia coccoletta,
 amor dentro del petto
 sunando il ciufoletto,
980la bella furlanetta,
 con piacer mi fa ballar.
 
    E via, senti, para, via.
 Ah viscerette care,
 ah che non posso più.
 
 FORESTO
985È andato.
 CONTE
                     Fosse acciso.
 FORESTO
 Chiamatela di grazia.
 LAURA
                                          Ora la servo.
 CONTE
 Sienteme, peccierella,
 vienenne ancora tu,
 che se divertiremo fra di nuie.
 LAURA
990Sì sì, quest’è l’usanza,
 se i padroni fra lor fanno l’amore,
 fa l’amor colla serva il servitore.
 
    Il padron con la padrona
 fan l’amor con nobiltà,
995noi andiamo già alla buona
 senza tanta civiltà.
 
    Dicon quegli: «Idolo mio,
 peno, moro, smanio, o dio».
 Noi diciam senz’altre pene:
1000«Mi vuoi ben, ti voglio bene».
 E facciamo presto presto
 tutto quel che s’ha da far.
 
 FORESTO
 Ti piace, Pulcinella?
 CONTE
 A chi non piacerebbe Menarella?
 FORESTO
1005Ecco che vien quel bel che m’innamora.
 CONTE
 Con essa viene Menarella ancora.
 FORESTO
 Venite, idolo mio,
 venite per pietà.
 LINDORA
 Vengo, vengo, mio ben; eccomi qua.
 FORESTO
1010Voi siete il mio tesoro.
 LINDORA
 Per voi languisco e moro.
 CONTE
 Ah tu sei la mia bella.
 LAURA
 E voi siete il mio caro Pulcinella.
 FORESTO
 A voi ho donato il core.
 LINDORA
1015Ardo per voi d’amore.
 CONTE
 Per te mi sento lo Vesuvio in petto.
 LAURA
 Cotto è il mio core al foco dell’affetto.
 FORESTO
 
    Vezzosetta, mia diletta.
 
 CONTE
 
 Menarella, mia caretta.
 
 LINDORA
 
1020Cintio caro, Cintio mio.
 
 LAURA
 
 Pulcinella bello mio.
 
 A DUE
 
 Che contento, che diletto.
 
 A QUATTRO
 
 Vien, mio bene, a questo petto
 ch’io ti voglio un po’ abbracciar.
 
 FABRIZIO
 
1025   Ola, ola, cosa feu?
 Abbrazzai? Cagadonai?
 Via caveve, via de qua.
 
 LINDORA
 
    Io m’inchino al genitore.
 
 FORESTO
 
 La riverisco, o mio signore.
 
 LAURA
 
1030Serva sua, signor padrone.
 
 CONTE
 
 Te so’ schiavo, Pantalone.
 
 FABRIZIO
 
 El zirandonarve attorno,
 tutti andeve a far squartar.
 
 FORESTO
 
    Vuol ch’io vada?
 
 FABRIZIO
 
                                    Mi ve mando.
 
 CONTE
 
1035Vado anch’io?
 
 FABRIZIO
 
                             Mi t’ho mandao.
 
 FORESTO
 
 Anderò con la mia bella.
 
 CONTE
 
 Anderò con Menarella.
 
 A DUE
 
 Io contenta venirò.
 
 FABRIZIO
 
 Via, tolé sto canelao,
1040colle putte? O questo no.
 
 LINDORA
 
    Signor padre, per pietà.
 
 LAURA
 
 Signor padron, per carità.
 
 FORESTO
 
 Deh vi supplico ancor io.
 
 CONTE
 
 Pantalone, padron mio.
 
 FABRIZIO
 
1045Duro star non posso più,
 via, mattazzi, leveve su.
 
 A QUATTRO
 
    Io vi priego.
 
 FABRIZIO
 
                             Zitto là.
 
 A QUATTRO
 
 Vi scongiuro.
 
 FABRIZIO
 
                           Vegnì qua.
 
    Cari fioi, deve la man.
1050Alla fin son venezian,
 m’avé mosso a compassion.
 
 A QUATTRO
 
 Viva, viva Pantalon.
 
 A CINQUE
 
    Viva, viva il dolce affetto.
 Viva, viva quel diletto
1055che produce un vero amor,
 che consola il nostro cor.
 
 Fine dell’atto secondo